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L’era Alfieri finita in 175 giorni fra sospetti e inchieste

di Alessandro Mosca
L’arresto del 3 ottobre per l’affaire pubblica illuminazione. Poi il nuovo avviso di garanzia per altri tre appalti e il processo
L’era Alfieri finita in 175 giorni fra sospetti e inchieste

Un terremoto che va avanti da 175 giorni. Dall’alba dello scorso 3 ottobre, quando i finanzieri del Comando provinciale di Salerno e i colleghi della Compagnia di Eboli si recarono a Torchiara per eseguire l’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal gip del tribunale di Salerno, Annamaria Ferraiolo, su richiesta della Procura (Alessandro Di Vico il titolare del fascicolo) nei confronti di Franco Alfieri, l’uomo ritenuto chiave nell’inchiesta sugli affari degli appalti della pubblica illuminazione a Capaccio Paestum.

La genesi del caos che ha travolto l’ex presidente della Provincia di Salerno e sindaco della città dei Templi, immediatamente sospeso dal prefetto Francesco Esposito, che restò in carcere per poco più di tre settimane, prima della decisione del Riesame che dispose i domiciliari, misura confermata lo scorso febbraio dalla Cassazione, spingendo il politico di spicco del Pd (sospeso già subito dopo l’arresto dal partito) a rassegnare le dimissioni dai suoi incarichi dopo lunghi mesi di impasse.

Nel mentre, la situazione giudiziaria ha visto ulteriori sviluppi: per Alfieri è stato disposto il processo con il rito immediato proprio per l’inchiesta sull’affaire illuminazione, ha ricevuto un nuovo avviso di garanzia per un’altra indagine su tre appalti finiti sotto la lente della magistratura. Ieri l’ordinanza-bis di custodia ai domiciliari, chiesta e ottenuta dalla della Dia di Salerno e firmata nuovamente dal gip Ferraiolo, per l’ipotesi di scambio elettorale politico mafioso.

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